Antonilla Cantelli (1914-2008)
Antonilla Cantelli, l’ultima regina dell’Aemilia Ars. Così l’ha definita Simona Lembi, assessore alla cultura della Provincia di Bologna, in un commosso ricordo. L'aveva conosciuta nell'ambito della realizzazione del testo Talenti: figure di donne nella provincia di Bologna (a cura di Mattia Martini, Bologna, 2006) in cui le era dedicato un capitolo. L'aveva conosciuta e ne era rimasta incantata.
Ultima regina, ultima depositaria di memorie, di tecnica, di tradizione, di stile, ultimo manuale vivente, ultima testimone di una epoca d’oro per un merletto che da Bologna partì alla conquista di quel mondo che apprezzava, e apprezza ancora, quello che e' proprio, semplicemente, bello.
Se ne e' andata - come voleva - senza disturbare la sua famiglia, addormentandosi in un pomeriggio di febbraio, mentre nell’aria si percepiva un anticipo di primavera. In aprile avrebbe avuto 94 anni. Accanto, un lavoro in fase avanzata, l’ultimo, per i suoi: Il giardino dell’Eden. Un disegno complicato ma armonioso, come erano i suoi disegni, con perfetto equilibrio tra vuoto e pieno, tra disegno vero e proprio e barrette di riempimento, con una infinità di punti di appoggio, che solo a guardarli si poteva immaginare il grande lavoro che ne sarebbe seguito.
Le piacevano le sfide e questo lavoro lo era: più di 70 centimetri di diametro. Un compendio dei motivi ricorrenti nel nostro merletto: fiori di ogni sorta, frutti, animaletti, vasi tutti diversi, foglie, e, in mezzo, Eva.
La giovinezza di Antonilla era stata irta di difficoltà superate dalla gran voglia di imparare e di lavorare. Una vita piena anche nelle gioie famigliari: un marito in giovane età, un figlio, una nuora amata come una figlia, una nipote, un bisnipote. Tutti accanto a lei, nella comprensione del suo lavoro, e nel chiedere - spesso - la realizzazione di qualche disegno.
Un carattere fermo che ben si percepiva sotto la dolcezza e la gentilezza dei modi. Un orgoglio che le veniva dalla consapevolezza, senza false modestie, di quanto sapeva fare. Eleganza e cura di sé fin in piccoli ma importanti particolari.
Preparazione scrupolosa di ogni lavoro che affrontava o faceva affrontare.
Aveva un metodo: tutto quello che si imparava doveva confluire in qualcosa di finito. Anche il più facile punto. Così accadde per i miei primi gruppetti che intervallavano il mio primo punto smerlo (brutto, irregolare, tremolante) intorno ad un quadrato di tela. Così anche per un disegno ad archetti, sempre intorno ad un quadrato, rifinito, questa volta con un gigliuccio e gli angoli ben squadrati e perfezionati da un motivo a cordoncino (fatto da lei!). Così ancora per i miei primi tre fiori che, ciascuno racchiuso da una leggera cornice, furono applicati su un tendino.
Antonilla non amava il geometrico e dopo poco ci faceva passare all'ornato. - Ho fatto troppo geometrico! - diceva e non si riferiva ai lavori per l’Aemilia Ars ma a quelli che la scuola del Sacro Cuore faceva per privati. Tanti, tanti quadratini, cerchi, triangoli, che andavano poi ad ingentilire tovaglie, lenzuola, tende. E lei, giovanissima, per aiutare in casa, li faceva la sera. Di giorno, fino ai 18 anni, a scuola per otto ore. Disciplina ferrea. Si imparava un mestiere. Non era permesso parlare troppo ma per lei chiudevano un occhio: le sue mani volavano lo stesso.
Quando venne presentata a Lina Cavazza con le parole : È pronta , le si aprì un mondo dove le sue abilità poterono manifestarsi in pieno e proprio in quel particolare ornato che rende riconoscibile ovunque il merletto bolognese.
Ma i legami con le amiche e le maestre del Sacro Cuore rimasero. Alcune di loro, come Olga Grassi, nota merlettaia dell’Aemilia Ars fin dai primi anni e insegnante di Antonilla, riposano in Certosa dietro ad una lapide senza nome. Una rosa le ricorda. Io ho memoria della signorina Francesca. Bravissima ricamatrice a colore, uno sguardo da bambina e qualche golosità che Antonilla - brava anche nel far da mangiare - aveva spesso esaudito - Antonilla, mi puoi fare le crescentine? - Ed ecco che, pur con i tanti impegni di famiglia, si trovava il tempo per le crescentine.
Ho conosciuta Antonilla Cantelli quasi 20 anni fa. Non avevo mai tenuto l’ago in mano se non per attaccare il solito bottone. Ricordo la prima lezione. Le mani mi tremavano al punto che non riuscivo ad infilare nella cruna il filo in quelle mie lunghissime e assurde gugliate che la facevano ridere: - Ma sono gugliate da sarta! - diceva ed era evidente che il cambio del filo mi terrorizzava.
Gugliate corte, per la freschezza del lavoro, per un filato sempre ben ritorto, per una pulizia del disegno che si sarebbe perduta nelle parti in cui il filo si mostrava sfibrato dai tanti passaggi.
Mi ha tolto la paura dell'ago e mi ha aiutato a realizzare manufatti impensabili per me.
Aveva anche un ottimo metodo per far capire dove mettere i punti di appoggio: - perché serve questo punto? - Si deve seguire un contorno: alcuni punti andranno stesi, altri perpendicolari, alcuni in una direzione, altri nella direzione opposta - perché? -
Mi piaceva questo spingere a rendersi conto del perché.
Il lavoro di Antonilla è stato condotto per molti anni in assoluta discrezione, fuori dalla ribalta di mostre o esposizioni, se non per una sola giornata, ad invito, un The tra le rose, alla fine degli anni ottanta, nella suggestiva cornice del Palazzo Tomba del Vescovo, ad Anzola. Fu, poi, per richiesta delle sue allieve che incominciò ad uscire allo scoperto.
Era un po’ scettica quando, per la prima volta, con alcune di noi, venne a Valtopina nel settembre del 2003. Ancora più scettica quando vide il posto che, ancora spoglio, prima dell'allestimento, trasmetteva un senso di vuoto. Lei lavorava con perfezione e tutto, intorno a lei, doveva esserlo. Perfetto il merletto, perfetta la cornice. Eppure in quel piccolo paesello, in quella mostra di ricamo coraggiosa davvero, che in tanti anni è cresciuta con grande professionalità, ebbe manifestazioni incredibili di ammirazione e affetto. Ho visto e riferisco per aver visto: una signora si inginocchiò addirittura e una suora le prese le mani dicendo: sono un dono di Dio, sono mani benedette.
Di un'altra mostra ricordo, a Bologna, nel chiostro della chiesa di San Francesco i cui restauri furono diretti da Rubbiani, proprio lui che fece tanti disegni per l’Aemilia Ars. Quale cornice migliore? Eravamo ospiti di una mostra-mercato di libri antichi e lo spazio riservato ai merletti era nella grande biblioteca. Quell’evento rimane ancora, nella memoria dei librai, molto buono: sarà stato un caso ma mentre le signore ammiravano, chiedevano, si informavano, tornavano ad ammirare, qualcuna fotografava o filmava con l’accanimento di chi non vuole dimenticare nulla, i mariti, mentre aspettavano, giravano tra i libri e compravano...
E ricordo Rimini, nel 2005, nel forum organizzato da Italia Invita. 80 metri quadri di merletti suoi e delle sue allieve. Sembrava uno spazio enorme: è stato tutto riempito. Scrisse Fiorenza (http://www.fioretombolo.net/antonillacantelli.htm) che ebbe con lei una istintiva intesa: in quella sala Andromeda …c’era la sua vita.
Un ultimo pensiero corre a Sansepolcro, 2006, dove permise l’esposizione di alcuni suoi lavori per più di un mese. Fatto singolare se si pensa a quanto tenesse alle sue realizzazioni di cui era fiera, orgogliosa ma anche naturalmente gelosa: ore, ore, centinaia, migliaia di ore di lavoro.
L'associazione di cui faccio parte, I merletti di Antonilla Cantelli, è nata con l’intendimento di rendere un omaggio alla maestra mentre era ancora in vita e continuerà la strada intrapresa. Il nome è il programma: eseguire i merletti secondo i metodi e i criteri che Antonilla ci ha trasmesso. Eseguire e a nostra volta trasmettere, perché non si perda una tradizione di perfezione, armonia, eleganza, di bei disegni ben interpretati e ben eseguiti.
Bianca Rosa Bellomo
Si ringrazia la famiglia di Antonilla Cantelli per aver permesso la pubblicazione delle foto.
Questo articolo è apparso per lungo tempo sul sito www.tuttoricamo.com .
Le idee (ricamate) di Antonilla
Muovi le mani, Antonilla.
Veloci e bianche come è bianco il pizzo.
Lunghe ed eleganti, come è elegante l’arte di cucire, disfare, ricreare con ago e filo.
Continua a ricamare, Antonilla.
A intrecciare le idee, i pensieri, le parole non dette con il cotone più pregiato.
Come avevi imparato dopo la guerra che tutto distrusse e come avevi insegnato alle tue allieve.
Con le mani bianche come le tue, belle come i merletti più belli che avevi cucito.
(Spoon River di Daniela Corneo, Corriere di Bologna, 23 febbraio 2008)
La nipote di Antonilla, Barbara, ha dedicato alla nonna questo libro ( www.nuovas1.it ) :